LINFEDEMA , FLEBOLINFEDEMA E ULCERE (PIAGHE) DELLE GAMBE
(Dr Valeria Santa Scuccimarra)

E’ impensabile, per mia esperienza, parlare separatamente delle due patologie, in quanto l’un sistema collabora con l’altro nel reflusso dei liquidi circolanti e quindi la patologia del sistema linfatico coinvolge quella del sistema venoso e viceversa.
L’edema di un arto puo’ dipendere da due ordini di cause:

---eccesso di acqua nello spazio extracellulare come nelle trombosi venose, flebopatie in genere, ipoproteinemie, insufficienza cardiaca e renale. In questo caso il sistema linfatico, nel tentativo di compenso, e’ sovraccaricato e presenta un flusso aumentato. La causa dell’edema e’ nella grande circolazione e quindi potremo parlare di Flebolinfedema a basso contenuto proteico.

----deficit linfatico primitivo (ipoplasia congenita, malattia di Milroy ) o secondario a patologia ostruttiva, compressiva o distruttiva (traumi, neoplasie, flogosi con fibrosi, radioterapia, filariosi). La causa dell’edema e’ dovuta a ridotto flusso linfatico e si parla di Linfedema. Il liquido interstiziale presenta un alto contenuto di macromolecole proteiche. I linfatici svolgono, infatti, un ruolo fondamentale nella clearance tessutale delle macromolecole, trasporto non effettuato per via venosa. La presenza di proteine nel liquido interstiziale aggrava l’edema da ipoafflusso linfatico perche’ richiama acqua dai vasi per osmosi e pertanto il linfedema cronico puo’ portare a dimensioni mostruose (elefantiasi) l’arto.

Linfedema
Il Linfedema puo’ essere diviso in 5 stadi:
I stadio: subclinico
II stadio: edema presente (“segno del dito”) e che regredisce spontaneamente con il riposo e la posizione declive
III stadio: edema presente e che regredisce solo parzialmente con terapie combinate ma senza deformazione dell’arto
IV stadio: elefantiasi
V stadio: grave deformazione dell’arto con lesioni cutanee trofiche ed ulcerative, fibrosi, atrofia muscolare, micosi e grave impotenza funzionale.
Quasi la meta’ dei linfedemi e’ primaria, da linfangioadenodisplasia congenita, seguono per frequenza quelli parassitari (Filaria Bancrofti), indi quelli post-chirurgici secondari in primis al trattamento del carcinoma mammario (linfoadenectomia ascellare e/o radioterapia) che costituiscono la gran parte dei linfedemi dell’arto superiore, indi secondari a chirurgia dei carcinomi della cervice uterina, a quella di tumori urologici, a quella di melanomi, a linfomi di Hodgkin. Seguono i flebolinfedemi da sovraccarico del sistema linfatico come ad esempio nelle flebotrombosi profonde.
La Diagnosi si basa su anamnesi, esame clinico (con stadiazione) ed una serie di metodiche strumentali, invasive e non. Fra queste ricordiamo, la linfocromia, la linfografia (oggi obsolete), la linfoscintigrafia (si usa albumina marcata con Tc99 e ci indica il flusso ed eventuali reflussi linfatici), l'eco-color-doppler, l’ecografia tessuti molli (per valutare edema, fibrosi, spessore del sottocute e la presenza di laghi linfatici), la tometria, la capillaroscopia, il laser-doppler, la TAC e la NMR.
La terapia del linfedema deve essere rivolta non solo verso il riassorbimento del liquido interstiziale ma anche delle proteine, solo in questo modo è possibile avere risultati più duraturi.
Rimuovere esclusivamente la frazione idrica, ad esempio mediante diuretici, significa ottenere un risultato transitorio, nonchè concentrare pericolosamente le proteine nell'intestizio con rischio di fibrosi e recidiva.
I presidi terapeutici piu’ in uso sono:
Linfodrenaggio manuale (deve precedere gli altri per creare centripetalmente gli spazi linfatici per raccogliere i liquidi drenati perifericamente)
Pressoterapia sequenziale pneumatica (meccanica), eseguita con valori pressori crescenti nelle sedute successive da 60 a100 mmHg per un tempo di 30’ . La Pressoterapia va fatta dopo il linfodrenaggio manuale per evitare rottura dei setti interstiziali, flogosi e fibrosi ed e’inutile nel IV e V stadio.
Elastocompressione (bendaggio elastico indi bracciali o calze). Essa va da 20 mmHg a 60mmHg dal I al V stadio, salendo di 10mmHg ogni stadio. Bisogna ammorbidire la compressione in corrispondenza di sporgenze ossee (cresta tibiale e tendine di Achille) e di fasci vasculo-nervosi (polso e gomito). Bisogna coinvolgere nell’elastocompressione il dorso del piede che caratteristicamente e’ edematoso nel linfedema primitivo e decrescere la compressione andando centripetalmente.
L’efficacia delle terapie sopradette viene valutata dalla riduzione delle dimensioni dell’arto e dalla necessita’ di urinare del paziente a fine seduta.
In corso di linfodrenaggio manuale, pressoterapia sequenziale ed elastocompressione è indicato l'utilizzo di polvere di cumarina (talco). La Cumarina avrebbe un’ azione linfocinetica, accelerando il flusso linfatico nei collettori linfatici e favorirebbe il riassorbimento delle proteine dall’interstizio stimolando l’attivita’ macrofagica e proteolitica.
La terapia farmacologica comprende infatti prevalentemente gli a-benzopironi, fra cui la cumarina, le rutine ed i g-benzopironi tra cui i bioflavonoidi tra cui la diosmina.

L’OZONOTERAPIA viene da me praticata gia’ al primo approccio col paziente affetto da linfedema. Vengono effettuate piccole e multiple infiltrazioni locali di Ozono a bassa concentrazione, con ago da mesoterapia, nelle aree edematose. Dopo alcuni secondi fuoriesce dai forellini delle punturine un liquido fortemente schiumoso (proteico), giallastro. Le applicazioni di ozono vanno alternate con le altre terapie sopracitate ma non nella stessa seduta.

Flebolinfedema
Colpisce esclusivamente l’arto inferiore, in specie la gamba, a differenza del linfedema. Il sistema venoso della gamba consta di vene profonde, parallele al sistema arterioso, vene superficiali e vene comunicanti. I muscoli del polpaccio e la leva plantare che essi muovono, agiscono come pompa per agevolare il ritorno venoso verso il cuore contro gravita’ (e’ come la leva di un pozzo). Tale pompa e’ intermittente, come nella deambulazione, per cui vi sono delle valvole intravenose che evitano il reflusso. Il sangue viene, nei soggetti normali, richiamato dalle vene superficiali alle profonde dal negativizzarsi della pressione in queste ultime ad opera della leva muscolo-articolare precedentemente detta. Nei pazienti con flebolinfedema questa negativizzazione non c’e’ anzi vi e’ una ipertensione venosa cronica (IVC). Ma e’ errato pensare che l’ulcera che puo’ formarsi nel flebolinfedema sia dovuta alla sequenza: “stasi venosa”, anossia tessutale, necrosi (Homans, 1917), in quanto nell’IVC il sangue mantiene buona ossigenazione, circola piu’ velocemente e vi e’ una neoformazione capillare nel derma (Blalock, 1929). La causa e’ invece il formarsi di manicotti di fibrina pericapillari che impediscono gli scambi nutritizi col derma. I depositi di fibrina non solo impedirebbero la diffusione di ossigeno nei tessuti ma aumenterebbero la fuoriuscita di liquidi dai vasi, stimolerebbero una risposta infiammatoria e genesi di collagene fino alla fibrosi. Ma a che e’ dovuta la presenza di fibrina pericapillare che e’ causa di tutto cio’? Secondo me l’aumentata pressione capillare da IVC, porta a piccoli stravasi ematici da cui la presenza di fibrina pericapillare e la “discromia marrone” che accompagna il flebolinfedema anche prima che si formi l’ulcera e che lo differenzia dal linfedema in cui la cute e’ pallida traslucida (Scuccimarra, 2000). Le patologie venose che causano quanto detto, sono:
---IVC da varici primitive idiopatiche da assenza congenita delle valvole venose e da insufficienza valvuloparietale della vena grande e piccola safena e delle perforanti della gamba.
---IVC da varici nella malattia post-tromboflebitica (MPTF): e’ la causa piu’ frequente (75%). E’ l’ostruzione trombotica di vena profonda (iliaca, ileofemorale) o comunicanti (perforanti) della gamba, trascorsa clinicamente silente nel post-partum o dopo chirurgia o trauma o permanenza prolungata a letto. La Tromboflebite acuta profonda esordisce con improvviso edema a buccia di arancia (pitting edema), cianosi, ipertermia locale, dolore nei movimenti del piede.
---varici da fistole arterovenose
---varici nella sindrome di Klippel –Trenaunay
---emangiomatosi
---sindrome da insufficienza della vena comunicante fra femorale e grande safena (mid-thigh communicating vein , crosse)
---vasculite necrotizzante cutanea
---teleangectasie
---atrofia bianca di Milian
---varici prominenti degli atleti
---eritema pernio
---livedo reticolare
Il Flebolinfedema e’ posturale, cioe’ si accresce se gli arti inferiori sono in posizione declive e si riduce ad arti sollevati. Puo’ non essere manifesto in caso di IVC se sono distrutte solo le valvole delle vene comunicanti. L’edema si accompagna ad arrossamento perimalleolare interno (ankle flare) e senso di pesantezza a fine giornata e dopo prolungata stazione eretta e crampi notturni. In caso di IVC da varici da tromboflebite sono presenti discromia marrone data da pigmentazione da deposizione di emosiderina e lipodermatosclerosi con indurimento nodulare. Una desquamazione con eczematizzazione prevale invece nelle varici idiopatiche.
Per la valutazione delle varici c’e’ l’esame fisico ispettivo, palpativo (cordoni duri nelle trombosi, fremiti nelle fistole A-V), percussivo (trasmissione dell’impulso) e prove con laccio: Brodie- Trendelenburg (insufficienza grande safena), doppia prova del laccio (insufficienza piccola safena), Test di Perthes (se, mettendo il laccio alla coscia, dopo deambulazione, le vene superficiali si gonfiano c’e’ insufficienza delle perforanti o del circolo profondo ).
L’esame piu’ importante per valutare una IVC da Varice e’ l’Ecocolordoppler che consente di localizzare e quantificare un reflusso venoso con la cartografia venosa che e’ una specie di mappa disegnata sul paziente prima di scleroterapia con mousse o correzione chirurgica (CHIVA o Stripping). Occorre eseguire anche l’esame delle arterie in quanto vi puo’ essere una concomitante insufficienza arteriosa. Importanti sono pure la pletismografia, la flebografia, la TC, NMR e flebografia digitale il laser-doppler, la capillaroscopia.
Il flebolinfedema va curato in base alla causa. Prima va tentata una terapia conservativa con farmaci e compressione e dipoi scleroterapia e chirurgia. I farmaci utili sono i fibrinolitici (eparina, mesoglicano, defibrotide), i vasoprotettori (etamsilato, diosmina), cumarina, pentossifillina. La compressione va evitata se c’e’ insufficienza arteriosa (indice caviglia-braccio inferiore a 0,7). La compressione puo’ essere attuata con diversi mezzi : bendaggi elastici, e non elastici (stivaletto di Unna), apparecchi ortosici (composti da una serie di bande di velcro), calze a compressione graduata (classe I=20-30mmHg, classe II=30-40mmHg, classe III=40-50mmHg, classe IV=>60mmHg), pompe a compressione. La compressione rimane la terapia principale.


L’OZONOTERAPIA viene da me praticata dopo aver ben chiara la causa del flebolinfedema. Vengono effettuate piccole e multiple infiltrazioni locali di Ozono a bassa concentrazione, con ago da mesoterapia, nelle aree edematose e perivenose. Non va praticata compressione dopo la seduta di ozono.



Ulcere (Piaghe) delle gambe
Le ulcere o piaghe delle gambe o ulcere trofiche o ulcus cruris sono perdite di sostanza di varia estensione e profondita’, interessanti l’epidermide, derma ed ipoderma con scarsa tendenza alla guarigione spontanea localizzate nella parte distale delle gambe. Possono essere dovute a cause venose, linfatiche, arteriose ed extravascolari per cui cambiano la clinica e la terapia.

----Ulcere venose o flebopatiche: sono l’80%. Esse sono localizzate nella regione malleolare e sopramalleolare interna con estensione variabile in altre aree. Colpiscono in genere il sesso femminile sopra i 40 anni. In caso di varici idiopatiche vi puo’ essere uno stato mesenchimosico con ptosi viscerale e lassita’ legamentosa. L’ulcera in questo caso ha i bordi netti, desquamanti e fondo rosso-vivo. In caso di varici da tromboflebite l’ulcera si forma su placche ipodermitiche nodulari date da aree di panniculite fibrosclerotica. La cute periulcerosa e’ intensamente pigmentata (pigmentazione melaninica ed emosiderinica) e la necrosi del grasso sottocutaneo puo’ provocare un’intensa retrazione sclerotica tessutale (“gamba a bottiglia di champagne rovesciata”) portando addirittura ad equinismo del piede. Tali ulcere si possono infettare (se induito verdastro e’ in causa lo Pseudomonas Aeruginosa) e dare dolore. Esse possono sanguinare, possono dare calcificazioni sottocutanee postflebitiche, periostiti, osteoporosi, trasformazione neoplastica.
Per la terapia vale quanto detto nel flebolinfedema: prima va tentata una terapia conservativa con farmaci e compressione e dipoi scleroterapia e chirurgia (stripping, trapianto di cute, uso di equivalenti cutanei umani: cheratinociti e fibroblasti coltivati. I farmaci utili sono i fibrinolitici (eparina, mesoglicano, defibrotide), i vasoprotettori (etamsilato, diosmina), cumarina, pentossifillina. Assolutamente da evitare i calcioantagonisti anche presi per altre patologie. La compressione va evitata se c’e’ insufficienza arteriosa (indice caviglia-braccio inferiore a 0,7). La compressione puo’ essere attuata con diversi mezzi : bendaggi elastici, e non elastici (stivaletto di Unna), apparecchi ortosici (composti da una serie di bande di velcro), calze a compressione graduata (classe I=20-30mmHg, classe II=30-40mmHg, classe III=40-50mmHg, classe IV=>60mmHg), pompe a compressione. La compressione rimane la terapia principale.
L’Ulcera va medicata, a mio avviso, con argento solfadiazina che e’ l’unica sostanza che non danneggia la rigenerazione. Meglio e’ usare la crema all’olio ozonizzato (senza puntino) ma a taluni puo’ dare una sensazione di bruciore. Assolutamente da evitare sono: alcool, clorexidrina, esaclorofene, povidone-iodio. Importante e’ la copertura antibiotica (si consiglia: vancomicina , ceftazidime, amoxacillina, acido clavulanico, bacampicillina, si sconsiglia: neomicina, polimixina B, cloramfenicolo, bacitracina, gentamicina).


L’OZONOTERAPIA in caso di ulcera venosa viene effettuata ponendo l’arto inumidito con olio di jojoba in un sacchetto di plastica in cui viene tolta l’aria ed immesso ozono a concentrazione alta le prime volte poi bassa nelle sedute successive. Taluni praticano infiltrazioni con aghetti da mesoterapia nelle zone edematose, perivenose e periulcerose. Ma cio’ secondo me va valuatata da caso a caso secondo lo stato della cute.


----Ulcere arteriose: sono meno del 10 % di tutte le ulcere della gamba. Possono essere dovute ad occlusioni arteriose funzionali (Raynaud, acrocianosi, vasospasmi da neuropatie e da tromboembolia arteriosa) od organiche (ateromasia, tromboangioite obliterante, poliarterite nodosa, arteriti, trombosi ed embolie arteriose, ergotismo). L’ulcera di Martorell e’ una forma particolare che compare improvvisamente in soggetti con ipertensione diastolica ed ispessimento della tunica media. Essa e’ dolorosissima e compare sulla faccia anterolaterale della gamba.
Piu’ frequente causa di arteriopatia obliterante e’ l’ateromasia (con i relativi fattori di rischio: tabagismo, iperlipidemia, ipertensione) e spesso si tratta di pazienti diabetici.
Le arteriopatie obliteranti vengono distinte in 4 stadi:I: asintomatiche, II: claudicatio, III:dolore a riposo, IV: ulcera.
Le ulcere arteriose si accompagnano a debolezza o scomparsa dei polsi periferici (tibiale post. e pedidio), claudicatio intermittens, arto freddo, iper- disestesie, dolore in clinostatismo ed ad arto sollevato e che diminuisce ad arto declive (il dolore talora puo’ mancare nei diabetici con neuropatia), cute atrofica, pallida e secca, diradazione della peluria, onicogrifosi. L’ulcera puo’ essere preceduta da una bolla emorragica (dark pustule) circondata da margine cianotico. Essa e’ superficiale e presenta un fondo nero, necrotico secco e si forma su prominenze ossee, specie nel dorso del piede per trauma da calzatura. In caso di ulcera arteriosa occorre valutare le arterie coll’ecocolordoppler. Importante a tal riguardo e’ l’ Indice API (Ankle Pressure Index) ovvero IPR (Indice Pressione Residua) che e’ l’indice pressorio sistolico caviglia- braccio cioe’ tra tibiale posteriore ed omerale che dovrebbe oscillare da 0,8 (secondo alcuni 1) ad 1,2. Indicativamente a <0,4 si hanno lesioni trofiche, fra 0,4 e 0,6 si hanno dolori a riposo e fra 0,6 e 0,85 claudicatio.
Da alcuni e’ considerato piu’ importante ai fini diagnostici il Treadmill test, Pletismografia, Laserdoppler.
Nella medicazione delle ulcere non bisogna asportare le necrosi ma coprire la perdita di sostanza con crema di argento solfadiazina o crema all’olio ozonizzato e garze. Occorre una copertua antibiotica per evitare le infezioni (consigliati: vancomicina , ceftazidime, amoxacillina, acido clavulanico, bacampicillina).
Importanti sono i farmaci eparinici (fibrinolitici), calcioantagonisti, gli antiaggreganti piastrinici, i vasodilatatori periferici. In caso di occlusioni arteriose funzionali: antiadrenergici: reserpina, guanetidina, tolazolina, metildopa . La Chirurgia una volta basata sulla simpaticectomia lombare ora si avvale di tecniche piu’ mirate: tromboendoarteriectomia, bypass, angioplastica transluminale.


L’OZONOTERAPIA e’ utile nelle arteriopatie obliteranti dal II stadio in poi: si effettua la GAET (grande autoemotrasfusione) o insufflazione rettale (questa e’ addirittura piu’ efficace se effettuata tutti i giorni per 2 settimane con 100cc di O2-O3 con O3 a 30mcgr/ml). In caso di ulcera si pone l’arto inumidito con olio di jojoba in un sacchetto di plastica in cui viene tolta l’aria ed immesso ozono a concentrazione alta le prime volte poi bassa nelle sedute successive. Utile le applicazioni locali posteriormente lungo l’arto, a bassa concentrazione. Controindicate le periulcerose per evitare di danneggiare i pochi capillari rimasti.

----Ulcere linfopatiche: sono il 4% di tutte le ulcere della gamba. Complicano un arto elefantiasico. La cute e’ traslucida, fredda, pallida, non pigmentata, raramente fibrosclerotica e si formano su vegetazioni flittenulari e verruciformi a vari livelli nella gamba.
I presidi terapeutici piu’ in uso sono quelli elencati per il linfedema.


Le ulcere guariscono rapidamente se medicate con la crema all’olio ozonizzato ma se sono estese e lente a guarire si pone l’arto inumidito con olio di jojoba in un sacchetto di plastica in cui viene tolta l’aria ed immesso ozono a bassa concentrazione. Taluni praticano infiltrazioni con aghetti da mesoterapia nelle zone edematose e periulcerose. Ma cio’ secondo me va valuatata da caso a caso secondo lo stato della cute. Le applicazioni di ozono vanno alternate con le altre terapie sopracitate ma non nella stessa seduta.


----Ulcere da causa extravascolare: sono il 6% di tutte le ulcere della gamba. Esse possono essere dovute a varie patologie: traumi (da bendaggi, ulcera dei calciatori, ulcera del deserto, da sostanze sclerosanti), turbe neurotrofiche (poliomielite, spina bifida, mal perforante plantare), malattie infettive (piodermite, ectima, tbc, lebbra, sifilide, leishmaniosi, blastomicosi), sclerodermia, diabete mellito, colite ulcerosa, ittero acolurico, emopatie, disglobulinemia, emoglobinopatie, tumori cutanei (epiteliomi, linfomi, melanomi), malattie granulomatose (noduli reumatoidi, sarcoidosi, granuloma anulare, necrobiosi lipoidica), pyoderma gangraenosum, malattie delle ossa (osteomielite cronica, tumori, malattia di Paget), avitaminosi.
Il diabete puo’ dare ulcere arteriose ma il piu’ spesso sono neuropatiche o miste. Le ulcere neuropatiche sono dovute a traumatismo reiterato e non avvertito per perdita della sensibilita’. Esse si formano in aree sottoposte a pressioni esterne (talloni, teste metatarsali, dita dei piedi. L’ulcera e’ circondata da callosita’.
Il Mal Perforante Plantare e’ data da un’ulcera neuropatica non dolorosa che insorge al centro di una lesione paracheratosica con segni di ischemia e rarefazione di ossa sottostanti (articolazioni di Charcot).
La terapia di queste lesioni e’ preventiva e causale. Utile per presagire la formazione di queste ulcere e’ il test del monofilamento di Semmens Weinstein (il non sentire il filamento poggiato sul piede in 4 su 10 punti presagisce la formazione di ulcere. Le ulcere, una volta formate, vanno medicate energicamente con asportazione del callo e dei tessuti necrotici, talora va pulito anche un focolaio osteomielitico e va evitata ogni pressione su di esse. Vanno trattate le infezioni, abbassata la glicemia, abolito l’uso di tabacco, prescritti vitamina B1 e antiaggreganti piastrinici. Sono ulcere difficili da trattare con successo anche con l’ozono.
E’ bene in caso di ulcere dalla dubbia diagnosi eseguire anche i seguenti esami:
-biopsia
-ANA
-anticorpi anticardiolipina
-proteina C
-proteina S
-antitrombina III
-criofibrinogeno
-crioglobuline
-fattore V di Leiden
-fattore reumatoide.